I termini disboscamento, o deforestazione, indicano l’eliminazione della vegetazione di un’area boschiva o forestale. Le ragioni per cui si procede a tali operazioni possono essere molteplici e possono essere sia positive che negative dal punto di vista ambientale: si può eseguire un disboscamento inteso come taglio di piante vecchie, malate, bruciate per la non curanza nei boschi, o a ricavare legno pregiatissimo dalla foresta, garantendo comunque la rigenerazione e la conservazione ambientale.
Quando invece il diboscamento è esteso e duraturo, effettuato per motivi commerciali o per sfruttare il terreno per la coltivazione, si parla di deforestazione, con accezione negativa. Un esempio di deforestazione è l’eradicazione, in determinate zone per la produzione di legname oppure per la costruzione di strade, edifici, uso agricolo del suolo, piste da sci ecc…

Nonostante gli sforzi dei governi del mondo, gli annunci, gli impegni delle associazioni ambientaliste, il tasso di deforestazione permanente nel mondo, soprattutto legato al commercio di merci, è rimasto inalterato dal 2001 fino ad ora. Ad affermarlo è un studio, basato sull’osservazione delle mappe satellitari, che sarà diffuso dal Global Forest Watch e Science Magazine.
I dati rivelano i principali fattori che hanno portato alla perdita delle foreste nel mondo, le zone colpite, e soprattutto la situazione di quella vegetazione dove si è verificata una deforestazione “permanente”. Gli scienziati suggeriscono però che per fortuna, in alcune foreste che hanno subito perdite e cambiamenti drammatici, c’è ancora speranza di una ricrescita e di un ripopolamento boschivo.
Il problema principale rimane infatti, come ad esempio in Amazzonia o in Africa, quello relativo alla deforestazione legata al commercio: il 27% della perdita globale delle foreste può essere attribuita alle merci e ai danni creati per poterle commerciare.
La deforestazione, come in Costa d’Avorio per le fave di cacao o in Sudamerica per l’industria della carta e per le coltivazioni di soia, se perpetuata nel tempo “altera permanente un paesaggio”. Così come possono modificarlo la successiva agricoltura intensiva o l’estrazione mineraria. Altri fattori nella perdita di alberi sono legate alla “caccia alle risorse minerarie”, ma anche al disboscamento controllato o quello legato a incendi boschivi.
Questi ultimi tipi di deforestazione però, il più delle volte, permettono la ricrescita.
Ci sono infatti alcuni esempi di singoli oppure organizzazioni impegnati attivamente in opere di riforestazione e ripopolamento boschivo.
Un esempio è l’attività dell’organizzazione 8 Billion Trees che per combattere la deforestazione selvaggia e i danni climatici ed agli ecosistemi che questa comporta, si è prefissa l’obiettivo di piantare quanti più alberi possibile grazie alle donazioni degli utenti.
E’ un meccanismo semplice, che può essere considerato come una forma di ‘crowdfunding’, in quanto l’organizzazione si impegna a pianta 10 alberi al mese, a fronte di una donazione anch’essa mensile.
In questo modo offre la possibilità anche a chi non può occuparsi attivamente di una simile attività di partecipare al progetto, sovvenzionandolo, e sostenendo così una causa altamente profittevole dal punto di vista ambientale.

Altro caso è quello di Jadav Payeng, che ha piantato un albero al giorno da quando aveva solo 16 anni. Ora, quasi 40 anni dopo, è cresciuta una foresta di 550 ettari (oltre 770 campi da calcio) su quello che un tempo era un paesaggio arido e devastato dall’erosione.

Jadav vive a Majuli in India, l’isola fluviale più grande del mondo. Rimase profondamente dispiaciuto, da adolescente, dopo aver visto centinaia di animali sull’isola morire di fame per via della siccità. Decise così di piantare un alberello ogni giorno. Iniziò con le piante più facili da coltivare, come il bambù e il pioppo nero. Dopo qualche mese, il distretto della sua città creò un programma di riforestazione, che durò 5 anni, e Jadav iniziò a lavorare per loro.
Dopo quasi quattro decenni di crescita, la sua foresta è ora abitata da centinaia di elefanti, tigri del Bengala, rinoceronti, cinghiali, cervi, rettili e uccelli. Payeng dice di aver ormai perso il conto di quanti alberi ha piantato, ma ritiene che ci siano centinaia di migliaia di alberi che offrono ombra e riparo alla fauna selvatica. Payeng non ha intenzione di fermarsi, anche se guadagna soldi solamente vendendo latte vaccino nel villaggio più vicino, vuole continuare a piantare alberi “fino al suo ultimo respiro”. L’esperto botanico spera di ringiovanire l’intera isola arrivando a piantare 2.000 ettari di alberi.
Fonti:
In 17 anni nulla è cambiato. “Inalterato il tasso di deforestazione” – Repubblica.it, G. Talignani, 12 settembre 2018
L’uomo che ha piantato un albero al giorno per 40 anni […] – FeniceNews, 4 ottobre 2018
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