Spieghiamolo brevemente. Nel dicembre 2015, 195 nazioni siglano l’Accordo di Parigi, che contiene l’obiettivo di rafforzare la risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici. Lo scopo è di “contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C, e perseguire sforzi per limitare tale aumento a 1,5°C.”
I governi a questo punto hanno chiesto all’UNFCC (in inglese United Nations Framework Convention on Climate Change da cui l’acronimo), ovvero la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, di revisionare la letteratura scientifica per redigere un report per capire che differenza passa tra un mondo da +1,5°C e uno da +2°C.
Lo studio è stato realizzato dall’UFCC, e fornisce le linee guida per il prossimo futuro in tema di sostenibilità ambientale e cambiamenti climatici.
Il Rapporto speciale sul Riscaldamento Globale di 1,5°C
Nato a cavallo del nuovo millennio, l’IPCC (in inglese Intergovernmental Panel on Climate Change), il Gruppo Intergovernamentale sui Cambiamenti Climatici, produce valutazioni globali sullo stato del clima e i cosiddetti “rapporti speciali” su temi cruciali come il settore dell’aviazione o la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica. I rapporti dell’IPCC sono fonti autorevoli di informazione e forniscono le basi della comprensione dei cambiamenti climatici per la comunità internazionale; è quindi comprensibile il perchè siano molto corposi (arrivano a centinaia, se non migliaia di pagine) e abbiano un peso importante.
Questi documenti rappresentano il culmine degli studi di centinaia di scienziati in tutto il mondo. Gli esperti dell’IPCC elaborano le informazioni più recenti provenienti da diverse discipline, dalle scienze fisiche agli impatti del clima, per arrivare fino alle soluzioni climatiche.
Il risultato più importante di ciascun rapporto è il “sommario per i responsabili politici”, concordato riga per riga dai 195 paesi membri dell’IPCC per apporre il sigillo di approvazione delle autorità governative.
Ecco un sunto dei risultati dello studio:
Secondo il report (oltre 6000 referenze scientifiche, curato da novantuno autori da tutto il mondo) i prossimi 10 anni saranno determinanti: se continuiamo a emettere gas serra ai ritmi attuali, raggiungeremo +1,5°C nel 2040. Il messaggio è chiarissimo: il futuro del pianeta, dell’ambiente, delle economie e delle società è strettamente legato ai cambiamenti climatici, che sono una sfida urgente e potenzialmente irreversibile.
La scelta di focalizzare gli sforzi su una temperatura limite inferiore ai 2°C trova riscontro nella volontà di limitare i danni causati dal cambiamento climatico (purtroppo già in atto) , come ad esempio:
La probabilità che il Mar Glaciale Artico rimanga in estate senza ghiaccio marino sarebbe una in un secolo con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre sarebbe di almeno una ogni decennio con un riscaldamento globale di 2°C.
Le barriere coralline diminuirebbero del 70-90% con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre con 2°C se ne perderebbe praticamente la totalità (>99%).
In un mondo con la temperatura media globale aumentata di 1,5°C, quasi 700 milioni di persone (il 9,0% della popolazione mondiale) saranno esposte a ondate di calore estremo almeno una volta ogni 20 anni, ma in un mondo in cui l’aumento della temperatura globale superasse i 2°C, lo saranno più di 2 miliardi di persone (il 28,2%).
Secondo il report limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede cambiamenti rapidi, lungimiranti e senza precedenti in tutti gli aspetti della società, ma porterebbe benefici per le persone e per gli ecosistemi naturali e potrebbe avviarci verso una società più sostenibile ed equa.
In quest’infografica del WWF, vengono paragonati i danni previsti negli scenari di un’aumento di temperatura rispettivamente di +1,5°C e +2°C
La cooperazione internazionale, il rafforzamento delle capacità istituzionali degli attori nazionali, subnazionali e locali della società civile, del settore privato, delle città, delle comunità locali e delle popolazioni indigene, sono fondamentali per l’implementazione di azioni ambiziose che limitino il riscaldamento globale a 1,5°C.
Certo, impatti ambientali e sociali importanti avverranno anche con un aumento di 1,5°, avvisano gli scienziati, colpendo soprattutto i paesi in via di sviluppo, gli ecosistemi artici, regioni aride, e le isole. Oramai è troppo tardi, ci dicono i dati: siamo dentro al climate change e dobbiamo quantomeno contrastarne le conseguenze peggiori.
Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo, ogni stato si deve impegnare a decarbonizzare l’economia, ovvero cambiando il modo di produrre energia e le modalità di trasporto di persone e cose, efficientando il patrimonio immobiliare, fermando la deforestazione e innovando i sistemi di cattura, stoccaggio e riuso della CO2, il principale gas serra.
Vediamo come sia possibile, attraverso una serie di pratiche che puntano al contenimento delle emissioni di inquinanti attraverso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e ottimizzazione dell’utilizzo di risorse energetiche, raggiungere l’obiettivo entro il limite di 1,5°C | Fonte: Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici
In particolare, raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette è fondamentale in quanto la riduzione di tali agenti inquinanti può rallentare il fenomeno di riscaldamento, ma per farlo è necessario anche, però, rimuovere attivamente l’anidride carbonica dall’atmosfera per bilanciare eventuali emissioni residue, difficili da mitigare.
Sappiamo inoltre che le opzioni naturali di rimozione dell’anidride carbonica, come il ripristino delle foreste, possono avere benefici che vanno ben oltre la mitigazione del clima e rappresentano un obiettivo immediato migliore rispetto alle opzioni di rimozione tecnologica.
Riscaldamento Globale di 1,5°C è il primo di una serie di Rapporti Speciali che saranno prodotti durante il ciclo che porterà al Sesto rapporto di Valutazione.
Il prossimo anno l’IPCC pubblicherà il Rapporto Speciale sull’Oceano e la Criosfera in un Clima che Cambia, e Cambiamenti Climatici e Suolo, che ha per oggetto il modo in cui i cambiamenti climatici influiscono sull’uso del suolo.